Luci di montagna

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Luci  di  montagna

Come trovare la luce “migliore” per le nostre fotografie in montagna

Di FotoPerCorsi

Cesare Re

Quanto è effimero il “momento della luce” ?. Quanto è fugace quell’attimo in cui, all’alba o al tramonto, all’avvicinarsi di un temporale o durante un’improvvisa schiarita, decidiamo di premere il tasto di scatto e rendere indelebile ed irripetibile quell’istante e di appropriarci per sempre di quella magica frazione di tempo, memorizzandola nel sensore o impressionandola nell’emulsione della pellicola ?.

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Tutti o quasi, infatti, sono in grado di scattare una foto nelle ore centrali della giornata o a mezzogiorno, a meno di non aver le gambe sotto al tavolo in qualche rifugio o agriturismo, ma la fotografia di paesaggio richiede attenzione e cura nella scelta dell’illuminazione. Proprio così, “nella scelta”, perché la luce migliore per le nostre immagini si può scegliere, nel senso che è possibile andare a cercare “il momento della luce”, ovvero quell’attimo che trasforma un paesaggio in un’ottima foto. Come in uno still life o in un ritratto ad una persona si decide il tipo di illuminazione idonea all’effetto che si vuole ottenere, così si dovrebbe poter fare anche per il paesaggio. Si possono scattare belle immagini anche con una luce più normale, ma per ottenere qualche cosa in più è necessario che la luce sia interessante e suggestiva. I paesaggi di montagna, infatti, sono già belli di per se stessi, mutevoli e scenografici ed offrono tantissime possibilità di immagini. Al cospetto di un ambiente grandioso e spettacolare, però, il rischio di ottenere foto banali e scontate è altissimo. E’ nell’occhio del fotografo la capacità di cogliere e comunicare all’osservatore la grandezza di una cima o la repulsione che suscita un dedalo di crepacci, l’austerità di un luogo o il senso bucolico di un prato fiorito, l’impeto di una fragorosa cascata o la pace di un placido lago, isolando alcuni particolari ed eleggendoli a singole immagini.

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Per ottenere risultati eccellenti sono necessari, oltre a nozioni tecniche e alla conoscenza dei luoghi, la capacità di sfruttare le varie tipologie della luce, l’attesa del momento giusto, un’accurata programmazione e tornare spesso sui propri passi, fino a che le condizioni ambientali siano proprio quelle più consone al tipo di risultato prefisso, in modo da ottenere così un’immagine “unica”, unica per le sensazioni che è in grado di trasmettere, per il colore e per la luce. E proprio la luce è l’elemento fondamentale per fotografare la montagna. Luce classica da paesaggio, radente, come quella che illumina le vette nei momenti vicini all’alba e al tramonto. Interessante però, anche un’illuminazione non convenzionale, particolare, come quando un raggio di sole penetra una folta coltre di nubi per illuminare una singola vetta o un solo soggetto, come una roccia o un albero, eleggendolo immediatamente a soggetto principale dell’immagine, o quando da un “ mare” di nubi basse spunta improvvisamente una guglia rocciosa. Si tratta, spesso, di attimi fugaci, da cogliere con velocità e prontezza o da attendere per lunghe ore, al caldo del sacco a pelo o al riparo di qualche spartano bivacco o confortevole rifugio.

bassa_Cesare Re (1)Il modo migliore per “cacciare le luci“ è, infatti, dormire in quota. Si hanno, così, maggiori possibilità di scattare con l’illuminazione migliore: quella vicino al crepuscolo o poco dopo l’alba o quella imprevedibile che conferisce ad un’immagine quel qualcosa di unico. Si passerà, inoltre, più tempo in loco, avendo sicuramente più occasioni di cogliere le diverse sfaccettature di un soggetto e le sue diverse sfumature a seconda delle ore del giorno. Ottimi momenti sono quelli in cui il sole si alterna velocemente alle nuvole, come avviene solo in montagna trasformando così, in brevissimo tempo, un’immagine in un’altra. Certo non è semplice prevedere il verificarsi di situazioni simili, però si può, in un certo senso, “andarle a cercare“.  Informarsi sulle condizioni meteorologiche è un procedimento indispensabile. Generalmente, visto la mutevolezza del clima in montagna, è opportuno consultare più fonti e farne una media. E’ anche  molto importante conoscere le caratteristiche ambientali della valle o della zona che si intende fotografare. In alcune vallate, a seconda anche delle stagioni, è più frequente il verificarsi di certe situazioni. Classico esempio può essere quello del “mare di nuvole”.  A volte, infatti, l’aria calda, a contatto con le masse glaciali, si condensa formando nebbie e foschie dalle quali spuntano le cime più alte. Un fenomeno simile capita spesso nella piemontese Valsesia, ove i ghiacciai del Monte Rosa formano una imponente barriera che si erge dal fondovalle. L’aria calda proveniente dalla pianura padana non incontra nessun tipo di ostacolo e, in genere nel primo pomeriggio, crea questo particolare fenomeno. In casi come questo, con un minimo d’esperienza, è anche possibile prevedere l’orario con una certa precisione. Conoscere la valle consente anche di sapere, a seconda dell’ora e della stagione, quale sarà l’andamento della luce e, in particolar modo, l’ora dell’alba, del tramonto e quali saranno le cime carezzate dalla magica luce del crepuscolo e quali quelle che si illumineranno di primo mattino.

bassa_Cesare Re (6) In pieno inverno, il sole tramonta prima ed è possibile, verso le 17, che alcune vette si tingano già di rosso vermiglio. La stagione fredda assicura albe e tramonti coloratissimi e cielo terso per tutta la giornata. Anni fa, all’inizio della mia attività fotografica, armato di cavalletto, strumenti vari e tanta buona volontà, mi alzai alle 4 per andare a immortalare l’alba sul Cervino. Dopo una buona sgambata nella neve, l’amara scoperta: sul Cervino non albeggia, nel senso che la luce del mattino si concentra su altre vette che mi consentirono, comunque, di ottenere buoni scatti e di riorganizzarmi per ritrarre, in seguito, il Cervino al tramonto. Oggi mi informo sempre prima, studiando la rotazione del sole, guardando su internet, riviste, libri e chiedendo informazioni ai valligiani. I mesi estivi, Luglio e Agosto, consentono di frequentare le quote più alte in modo più agevole, meno pericoloso e con un clima che, generalmente, invoglia alle escursioni, anche alle quote più alte. Nel contempo, però, è di massima importanza la scelta dell’ora di scatto, in quanto la qualità di luce è, a volte e soprattutto nelle ore centrali, limitata dalla presenza di foschia che spesso avvolge le vette. La primavera è ottima per riprendere il disgelo e il rifiorire della vegetazione.

Per le luci e le atmosfere, momenti interessanti sono anche i primi mesi autunnali, con colori eccezionali e luce limpida e pulita; Anche la quota influisce sulle situazioni e sulla qualità di luce che, in genere, migliora con l’altezza, rendendo il cielo molto terso. Poco prima dei temporali, o subito dopo, il cielo assume delle tonalità particolari, quasi irreali. Attenzione, però, a rimanere sempre a debita distanza. Trovandosi nel bel mezzo della furia degli elementi, sarà bene prendere le dovute precauzioni: così come gli alpinisti si allontanano da ramponi, piccozze e ferraglie varie, i fotografi devono allontanarsi dal treppiede, soprattutto se è in carbonio. Nessuno vi chiede di abbandonare il prezioso cavalletto, ma solo di prestare un minimo d’attenzione. Nonostante il proliferare di eccellenti ed utilissime ottiche stabilizzate, il treppiede rimane strumento indispensabile per questo tipo di fotografia, in quanto con la luce bassa, si scatta spesso con tempi di posa non brevissimi e consente comunque di effettuare meglio l’inquadratura, studiare la giusta composizione e diaframmare a sufficienza per avere una buona profondità di campo. Un buon treppiede è assolutamente indispensabile per scattare in condizione di luce scarsa anche perché miglior qualità e minor rumore si ottengono sempre alle basse sensibilità. Non vanno neanche presi in considerazione treppiedi da tavolo che, al primo alito di vento, non solo comprometterebbero la qualità d’immagine, ma scaraventerebbero a valle la nostra preziosa attrezzatura.

bassa_Cesare Re (2)Per quanto concerne l’esposizione occorre prestare attenzione alla differenza di illuminazione della scena ed alla eventuale presenza di zone in ombra. I sistemi esposimetrici a matrice delle moderne reflex, infatti, tendono, in questi casi, a privilegiare la leggibilità dell’immagine, schiarendo, quindi le ombre e bruciando le luci. In montagna situazioni con forti contrasti d’illuminazione sono all’ordine del giorno. Per ottenere buoni risultati è opportuno misurare in spot le parti illuminate, in modo da ottenere un’esposizione equilibrata. Importante è anche il luogo di ripresa, spesso individuato in precedenza. Ci sono location e punti panoramici che consentono di scattare immagini a più soggetti, a più cime, da una stessa posizione. Dando per scontato l’uso della reflex, il procedimento è favorito dalla scelta delle ottiche che dipende sia dal gusto personale, sia da quello che si intende comunicare. Parlando del “ritratto di una cima” si intende scegliere il soggetto, isolandolo da altri. Per ottenere un’inquadratura selettiva, quindi, sarà opportuno utilizzare uno zoom tipo 70-200mm. Attenzione all’uso dei grandangolari ! Queste ottiche dovrebbero essere sempre presenti nello zaino, ma per ottenere risultati efficaci occorre sempre prestare attenzione al primo piano che, per evitare una fastidiosa sensazione di vuoto, deve sempre avere un soggetto ben preciso o una linea guida che conduca verso lo sfondo, altrimenti si rischia di ottenere un’immagine con le vette piccole e lontane.

bassa_Cesare Re (8)Gli zoom, oltre alla indubbia comodità (in montagna non sempre ci si può spostare avanti e indietro per cercare la migliore inquadratura) consentono di ridurre notevolmente peso e ingombro, uno dei più gravi problemi del fotografo di montagna. A meno di non poter usufruire di un esercito di portatori o di un buon mulo alpino, è indispensabile non esagerare con il carico e scegliere l’attrezzatura di volta in volta, a seconda degli scatti che si intende ottenere, della difficoltà e della lunghezza del percorso da intraprendere per raggiungere il luogo di ripresa. Come trasportare il tutto ? La scelta, se si intende camminare a lungo, ricade su un normale zaino da montagna,  indispensabile per portare generi di conforto e indumenti. Personalmente ripongo le ottiche nel suddetto zaino, ben protette da custodie singole o da capi d’abbigliamento. In alcuni casi utilizzo una borsa che ripongo, però, sempre nello zaino ed estraggo nel momento delle riprese.

bassa_Cesare Re (5)Lascio alle abitudini personali la scelta dello scattare in Raw o Jpg, così come l’eventuale lavoro di post produzione, anche se una buona immagine di paesaggio, ben inquadrata e correttamente esposta non dovrebbe richiedere nessun intervento, o quasi, se non la regolazione del contrasto ed altri minimi accorgimenti, anche perché, come diceva Ralph Waldo Emerson:” la ragione per cui la natura è così perfetta nell’arte di fare tramonti indicibilmente belli consiste in questo: che essa ha imparato finalmente la maniera di farli, a furia di far così spesso la stessa cosa”.

Didascalie

1) Tramonto dal Passo dello Stelvio. Previsione nefaste e cielo nuvoloso per tutta la giornata. A volte, in estate, verso l’ora del tramonto sono possibili brevi schiarite. Spesso sono momenti da non perdere, soprattutto se, in giornata, si è scattato poco, causa maltempo.  (Nikon D700, Nikkor 80-400mm 4,5/5,6 afd VR, treppiede).

2) Cervino al tramonto. Ho centinaia e centinaia di foto del Cervino al tramonto, una vetta vanitosa che attira l’ultima luce della Valtournenche, in modo sempre diverso. La nuvola sembra danzare sulla vetta della Gran Becca, un degno congedo dalla fine della giornata. (Nikon D800, Nikkor 24-70 2,8 afd, treppiede).

3) L’alternarsi di nubi e cielo limpido, rende la forma delle montagne mutevole, così come le foto che si possono ottenere. (Nikon D300, Nikkor 80-200mm 2,8 afd, treppiede)

4) Il sole spunta dalle pendici del Pizzo Badile, in Val Bregaglia. Un’immagine con il sole nell’inquadratura e il profilo della cima. Le pareti nord, al mattino, sono sempre in controluce e capita che si veda il sole spuntare dalle creste. (Nikon D300, 24-120mm 3,5/5,6 afd)

5) Mont Morion (Valpelline). La luce disegna le forme e i profili di questa immagine in bianconero in pellicola. Le 4 strisce orizzontali di luce rendono la foto particolarmente interessante. (Nikon F90X, Nikkor 35-70 2,8 afd; Kodak T Max 100 iso)

6) Il Sella al Tramonto. L’altura da dove è stata scattata la foto, nei pressi di Selva di Val Gardena, è uno dei miei luoghi di ripresa preferiti, raggiungibile in tutte le stagioni. Ho misurato la luce in media compensata sulle rocce rosse (Nikon D700, Nikkor 24-70 2,8 afd, treppiede).

7) Gruppo dei Baranci, Val Pusteria. Emergono dalle nubi, le chiare rocce dolomitiche. Scenari sempre suggestivi che si verificano più spesso in periodo autunnale. (Nikon D200, Nikkor 80-200 2,8 afd; treppiede)

8) Gruppo Roisetta – Becca d’Aran, Valtournenche. Stessa montagna, stesso punto di ripresa, ma stagioni diverse, luci diverse, orari diversi, composizione sempre diversa. Questa immagine è la dimostrazione di come uno stesso soggetto si possa interpretare in vari modi. (Nikon varie: F 5, D300, D700, nikkor 80-200 2,8, afd a varie focali; treppiede)

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